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GORILLAZ

Humanz | Warner
Quel camaleonte di Damon Albarn ha colpito ancora: nella sua ennesima metamorfosi, il quinto album della band “virtuale” dei Gorillaz, una sbornia di sonorità hip-hop e r’n’b e un profluvio di ospiti, su cui pare abbiano influito anche i gusti della figlia diciasettenne. L’ultimo “restyling” sonoro del gruppo, fondato con il fumettista Jamie Hewlett, ora suona “giovane”, ora comunque legato a suoni anni ’90; a volte i risultati delle alchimie musicali black dell’album appaiono più che credibili e accattivanti (v. ad es. la coinvolgente Ascension con Vince Staples), altre le fusioni/frizioni cercate tra generi e mondi musicali di Damon e dei suoi ospiti, di musica e voci non generano esiti molto a fuoco (v. We Got The Power con Jehnny Beth delle Savages) o si sfiora il kitsch (Momentz). Gli apici più significativi della carriera dell’Albarn maturo sono probabilmente i pezzi pensosi: così la rara avis del disco sembra l’accorata, sospesa ballata Busted and Blue. Notevoli talvolta anche le interazioni del frontman dei Blur con gli ospiti di turno, da Grace Jones in Charger, pezzo a suo modo ipnotico con riff di chitarra in loop, a Jamie Principle e Zebra Katz nella notturna e suadente Sex Murder Party o al jamaicano Popcaan, accompagnato con afflato malinconico in Saturnz Barz. Le bonus track della versione deluxe poco aggiungono al progetto.

Gioco/esercizio di stile, a volte affascinante.
Ambrosia Jole Silvia Imbornone

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