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Giulia’s Mother #seguila zattera day 1

Ci sono percorsi che ci scorrono talmente vicini da rischiare di perdersi nell’ombra. Talvolta è inevitabile: questione di minuti che si consumano troppo in fretta. Ma il più delle volte è nel tempo che colmiamo tra un incontro e l’altro che si cela la meraviglia. Il Po, visto dagli amici del Po che ci hanno accolti, scorre indisturbato mostrando una scala di colori che vorremmo saper descrivere. Ceruleo, indaco, lavanda, pervinca, grigio, ardesia, platino. Onde che si perdono in piccoli vortici agitati dai pesci, libellule che si rincorrono senza stancarsi mai e – inevitabilmente – sciami di zanzare affamate che ci sbranano senza compassione.

La siccità si è fatta sentire. Lo si vede nei rami nodosi che emergono dall’acqua, nelle macchie più scure che celano una secca, nelle rive che la terraferma ruba al grande fiume.

La nostra zattera prosegue con cautela aggirando gli ostacoli, rallentando per qualche secondo prima di proseguire con maggiore impeto. Eppure l’elica si pianta in un ostacolo, il motore gira a vuoto e siamo costretti a tornare a riva. Risolto l’impaccio i primi cinquanta chilometri volano impercettibili, persi in qualcosa che non posso che chiamare stupore.

I Giulia’s Mother stasera suoneranno sotto al Ponte della Becca di Pavia e forse un temporale porterà lontano l’afa per qualche ora. La location è incredibile: la Becca Live Music di Antonio è una palafitta stipata di immagini, a centinaia, che raccontano le storie che ha vissuto. Musicisti sconosciuti e famosissimi, artisti, oggetti polverosi e ricordi un po’ ingialliti di una vita che si intuisce eccezionale. Davanti a noi, dove il Ticino si butta nel Po, l’acqua si increspa e si fa più scura.

Mentre il sole scivola dietro a nuvole che si fanno via via più minacciose, inizia un concerto intimo che conquista la platea. In sottofondo il gracidio delle rane investe l’aria zuppa di umidità. C’è profumo di erba appena tagliata, di pioggia e di un incenso leggero che copre l’odore acre degli antizanzare.

I brani del primo album introducono alcuni nuovi pezzi. Pura levità acustica si scontra con momenti più incalzanti, quasi rabbiosi. La voce di Andrea si fa più sottile e drammatica, gli effetti ne raddoppiano l’intensità; il drumming insegue insidioso pesando ogni singolo battito. Anche i silenzi sono pregni di emozione: è la misura stilistica della band.

Here comincia a svelarsi, accompagnato per l’occasione dal violoncello dell’ottima Bea Zanin ed Everything We Need è il primo brano che la band regala in esclusiva a Rockerilla.

È una canzone estremamente morbida, con l’acustica che disegna una melodia essenziale e richiama al significato più profondo delle cose. Mentre scorrono le note, la stanchezza di una giornata impegnativa viene a galla lasciandoci in una specie di piacevole stordimento, finché il sonno, finalmente, prende il sopravvento.

 

 

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