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GIGI MASIN

Sul vecchio giradischi del piccolo studio radiofonico di fronte alla stazione ferroviaria di Mestre continua a girare il disco autoprodotto da un giovane uomo che ora siede silenzioso di fronte a me. Negli ascolti di tutti noi imperversa la furia post-punk ma quel disco contiene ben altro, Wind è il candore della poesia senza tempo che fin dalle prime note frena il fragore della nuova onda e stupisce e fa innamorare chi lo ascolta. Il musicista seduto silenzioso di fronte a me ha autoprodotto quel vinile e letteralmente lo regala a chi glielo richiede. È una notte della metà degli anni 80, una notte di fitte telefonate in diretta, di gente presa alla sprovvista dalla bellezza e dalla purezza artistica, la notte nella quale ho conosciuto Gigi Masin.

Quando il suono inizia ad invadere le sale dello splendido e interamente rinnovato Palazzo delle Zattere, sede della V-A-C Foundation a Venezia, quelle immagini mi tornano alla mente così come la sensazione di rabbia avvertita nell’apprendere che Björk aveva inserito un campionamento di Clouds in Its in Our Hands, convinta fosse dei To Rococo Rot che a loro volta lo avevano carpito, all’insaputa di Masin, proprio da Wind. Un campionamento che tutt’ora continua ad essere usato da decine di musicisti, sound artists e rappers d’oltre oceano con seguiti decisamente diversi rispetto alle pubbliche scuse di una star nordica e alla figura meschina di un quotato ensemble tedesco.

Il suono vola alto, penetra lungo i saloni del palazzo che si affaccia sul Canale della Giudecca annientando la corsa del tempo, anche se ci sono voluti oltre trent’anni di caparbia e inamovibile volontà per permettere al musicista veneziano di tornare lì dove era nato. A parte un’apparizione in duo come InfanToo e la splendida performance al Padiglione Francia della Biennale Arte 2017 (https://www.nazioneindiana.com/2017/09/08/radio-days-gigi-masin/), nella totale indifferenza degli operatori culturali lagunari, questo è il primo concerto in assoluto che Gigi Masin tiene nella sua città dopo l’improvvisa e incredibile svolta artistica che ora lo vede esibirsi in decine e decine di concerti in tutto il globo.

Strumentazione essenziale, un Nord Piano 3 supportato dall’intenso uso della sezione elettronica capace di produrre quei loop che rendono da subito riconoscibile il suo sound. Le tracce storiche si intrecciano con le nuove intuizioni formando un racconto carico di violenta delicatezza irrorata con un composto impalpabile di miscela ambient contenente un intero universo di percezioni musicali che usano piccole particelle di spazialità tedesca anni 70, intimi cenni jazz, riletture impro scevre della pesantezza cattedratica imposta dalla disciplina colta, dissonanze colme di intensa armonia, echi catturati dai vinili del più febbrile John Martin e più recenti ricordi adagiati sulla leggerezza chill. Tutto questo riprogrammato attraverso il palpito di un cuore che non ha mai smesso di battere, un vigile e attento conoscitore che sa mantenere la contemporaneità della pulsazione creando in continuazione strutture suggestive impetuosamente ricche di dosi mai scontate di poesia, capace di raggiungere in pochi istanti gli angoli reconditi nei quali serbiamo le nostre più intime emozioni.

Il Magic Touch – riprendendo il titolo di una traccia tratta da Kite, uscito da poco per la giapponese Astrollage – ha risuonato per la prima volta nella hall gremita di un palazzo immerso nella notte lagunare, riuscendo a trasformare il live set di Gigi Masin in un intenso e commovente concerto capace di intrappolare il tempo nei solchi circolari di un disco che da sempre gira sul piatto di un vecchio giradischi, in quel piccolo studio radiofonico di fronte alla stazione ferroviaria di Mestre.

Mirco Salvadori
ph Andrea Penisto

Venezia | V-A-C Foundation Palazzo delle Zattere  | 25 novembre

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