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ENSLAVED

Gli Enslaved ritornano alla carica con l’ennesimo tour europeo a supporto del loro ultimo opus, E uscito per Nuclear Blast lo scorso ottobre. Nella prima fase del tour i nostri partono come gruppo di supporto ai compagni di etichetta Opeth, mentre il primo concerto della loro fittissima tabella di marcia nel ruolo di headliner è previsto nella capitale. Il locale, scelto per l’occasione, è la splendida Islington Assembly Hall, posizionata strategicamente nel cuore della zona nord di Londra dove metalheads e non, si ritrovano abitualmente non solo per avvenimenti del calibro degli Enslaved ma anche per godersi qualche buona birra nei numerosi pub della zona, noti per l’atmosfera elettrizzante. Le due band a supporto non reggono il paragone: gli inglesi Svalbard falliscono completamente l’obiettivo di attirare l’attenzione del pubblico. Il loro sound si rivela ripetitivo e privo di passion. I connazionali Darkher, dopo un’inizio promettente grazie alla presenza diafana della frontwoman Jayn H. Wissenberg continuano sullo stesso percorso monotono, tanto che a metà del loro set, il volume del chiacchiericcio del pubblico supera le loro note trascinate. Con l’arrivo sul palco di Ivar Bjørnson, Grutle Kjellson e il seguito del plotone, il locale finalmente si riempie di sprazzi di colore: il set di questo nuovo capitolo live degli Enslaved parte con le vibrazioni incandescenti   della splendida Storm Son, traccia di apertura del nuovo album e si evolve tra le cime tempestose di Roots Of The Mountain e The River’s Mouth, ove spiccano i riff complessi e vibranti di Bjørnson, chitarrista che ha dentro il sacro fuoco indomabile. Kjellson è il frontman per eccellenza e alterna fasi di concentrazione masima, a momenti di interazione con il pubblico, parlando come se si trovasse di fronte a vecchi amici riuniti per festeggiare un’occasione speciale. E in effetti, ogni concerto degli Enslaved si trasforma sempre in un’occasione speciale: i ritmi prog di base riprendono i meandri black del passato tra i sentieri insidiosi di One Thousand Years Of Rain. Il set si arricchisce di adrenalina e spessore ad ogni traccia, culminando in chiusura con una versione particolarmente vigorosa di Sacred Horse.

Fabiola Santini (testo e foto)

Londra | Islington Assembly Hall | 24 novembre

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