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EDITORS

Torino | TOdays, sPAZIO211 | 26 agosto

Gli EDITORS avevano già calcato il palco nell’open air di sPAZIO211, ma se la memoria non m’inganna credo si trattasse di ben altro film. Nel frattempo il gruppo inglese è andato avanti scodellando album con cadenza regolare sino al recente acclamato Violence, capitolo che combina granitiche soluzioni pop-rock e attitudine post-punk con grande dispendio di fiato ed energia. L’immagine del frontman Tom Smith è alquanto cambiata da allora, così come la sua gestualità decisamente più teatrale e scomposta, disvelando il talento di un istrione pronto a trasfigurarsi tra un frangente e l’altro, il carisma di un performer dalla voce che ammalia. Dalla sua ha poi il fascino dell’esteta autentico, sorta di bel tenebroso con un cuore selvatico, almeno a giudicare dalla sua mimica schizoide e dalla sua presenza scenica protesa verso le migliaia di anime del pubblico plaudente. Dal vivo gli Editors spaccano, trafiggono, pervadono, accarezzano, picchiano con pugni d’acciaio in guanti di velluto… Attaccano a colpo sicuro con un brano dall’ultimo disco, l’innodico Cold, ed è subito delirio. Dicasi lo stesso per Hallelujah (So Low), forte d’un appeal sinuosamente sinistro che mette spalle al muro. Da questo repertorio attingeranno a piene mani alternandolo ai cavalli di battaglia della discografia anteriore. Papillon, la hit delle hit, era uno dei più attesi, agognato sin quasi alla fine del gig, già in zona bis: l’apoteosi! Incantevoli poi gli intermezzi acustici dove Tom si è esibito in raccoglimento accompagnandosi prima al pianoforte, quindi alla chitarra per un paio di canzoni: la trasognante e sensuale No Sound But The Wind e la passionale A Ton Of Love. Ma prima di questo ci avevano sedotto a più riprese infilando una cospicua sequenza di titoli presi in ordine sparso da diverse annate, saltando da una fase all’altra della loro parabola musicale. Una sferzata di emozioni dietro l’altra, la bravura dei Nostri si è distinta grandemente destreggiandosi fra le luci e le ombre di una prestazione in odore di poema epico. Un concerto in crescendo, costellato di picchi emozionali, di riff assassini e tormenti lirici come Formaldehyde (con un giro di basso alla Joy Division), l’inno gotico di Blood, le danze notturne di Life Is A Fear e Sugar, le eclissi lunari di Ocean Of Night e No Harm, i crepuscoli in fiamme di The Racing Rats e Bricks And Mortar, fino a quel potente esorcismo onirico chiamato Smokers Outside The Hospital Doors, senza dimenticare la gemma dark di Munich. In abiti da palco il rock romantico-decadente di Smith e soci è inesorabile forza attrattiva, oscuro bagliore, abbraccio lirico, adrenalina che sale. Per l’ultimo bis la scelta è ricaduta su Magazine, traccia emblema di Violence il cui ritornello gira ancora nelle nostre teste insieme al ricordo di questo impressionante concerto.

Aldo Chimenti

ph Loris Brunello

 

 

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