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EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN

Titani nell’età del ferro

Chi scommise sugli Einstürzende Neubauten, quando, ai tempi del primo album erano ancora degli emeriti sconosciuti, probabilmente aveva il dono della lungimiranza o quanto meno amava giocare d’azzardo. Nel caso del sottoscritto non so se si trattasse d’insaziabile fame di novità, d’ingenuità feticistica o mero masochismo nel farmi triturare udito e cervello a colpi di martelli pneumatici e rulli compressori, ma ricordo che non esitai a sborsare il dovuto per l’acquisto dell’LP quando me lo ritrovai fra le mani come un’apparizione fatale, scovato nell’autunno caldo del 1981 in un polveroso negozio di jazz alla periferia della mia città, sorta di piccola bottega delle meraviglie che ogni tanto aveva il vezzo di fornirsi di cose mai viste, come un oscuro vinile tedesco finito lì per uno strano gioco del destino. In realtà il nome aleggiava nell’aria già da qualche tempo, probabilmente segnalato dalla stampa specializzata d’oltremanica di allora come l’ennesima promessa da tenere d’occhio. Senza saperlo avevo investito sull’ultima frontiera dell’anti-musica, una genia di forze rivoluzionarie che in cuor mio sapevo dotata di stoffa mista a coraggio misto a follia. Una carica d’efferatezza sguaiata pronta a scoppiare in canna, desiderosa di sparare a zero su tutto ciò che l’aveva preceduta, almanacchi sacri del rock compresi…su Rockerilla Novembre una corposa monografia dedicata agli EINSTÜRZENDE  NEUBAUTEN e l’intervista a Blixa Bargeld di Aldo Chimenti.

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